Sarà un venerdì sera con protagonista il teatro e alcuni dei suoi “figli” migliori. Tuccio Musumeci e Sebastiano Tringali tornano sul palco di Etna in Scena con la commedia di Massimo Simili dal titolo “Gli industriali del ficodindia”. Insieme alla coppia sempreverde ci saranno anche Margherita Mignemi, Lorenza Denaro, Luca Fiorino, Enrico Manna, Claudio Musumeci e Santo Santonocito.
La storia ruota intorno ad alcune peculiarità dell’Italia e, in particolare, della Sicilia; una sorta di approfondimento sulle qualità e sui difetti che caratterizzano gli aspetti della quotidianità del “bel paese”. Tuccio Musumeci, che sarà il ragioniere Scillichenti, non ha dubbi:
<< Quello di Massimo Simili – ha dichiarato l’attore – è una commedia che possiamo definire contemporanea. Fu scritta in pieno boom economico ma, per molti versi, rimane attualissima, perché purtroppo quell’imbroglio tessuto ai danni della Regione Siciliana potrebbe avvenire oggi, proprio nello stesso modo. La prima volta che tentammo di portarla in scena in Sicilia, negli anni ’60, non fu possibile perché risultava oltremodo oltraggioso. Oggi invece, purtroppo o per fortuna, degli imbrogli si ride». La storia alla base della commedia si sviluppa da quella che il catanese Massimo Simili raccontò, all’inizio, nell’articolo “Il miracolo economico del cavaliere Nuscarà”.
Era la vicenda vera, ma inverosimile, di un abile truffatore, un uomo che riusciva a farsi finanziare il progetto di spremere la buccia del pistacchio fresco per ottenere la “pistacchiola”, potente collante siciliano. Un’industria che, ovviamente, rimaneva sulla carta ma arricchiva l’industriale. L’articolo prospettava un caso limite talmente paradossale che in tanti proposero all’estensore di sviluppare l’argomento in un libro. «Con l’aggiunta di altri episodi – diceva Simili – , e cambiando il pistacchio con qualcosa di più tipicamente isolano, scrissi Gli industriali del ficodindia… Nel fenomeno degli industriali del ficodindia, c’è un particolare importante: un imbroglio del genere presuppone degli approfittatori d’altissima classe che – chiamateli filibustieri, chiamateli figli di cane, chiamateli come volete – sono anche degli artisti, se è vero che l’arte è una cosa a sé, al di là del lecito e dell’illecito. Gente dalla quale bisogna tenersi alla larga, d’accordo, rifacendole tanto di cappello: la ricchezza d’immaginazione è un grandioso spettacolo».